sabato 24 luglio 2010

A proposito di Comunismo 3

APPELLO
UN'AGENDA PER RIUNIFICARE LA SINISTRA

Siamo donne e uomini di sinistra che hanno preso parte alle tormentate vicissitudini culminate nella disfatta del 2008. Oggi, nella diaspora della sinistra italiana, facciamo riferimento a organizzazioni e movimenti diversi. Alcuni di noi svolgono ruoli dirigenti in partiti o associazioni, altri - dismessa la militanza attiva - contribuiscono in altre forme alla battaglia politica o vi partecipano da semplici cittadini, con immutata passione. Siamo dunque diversi. Ma siamo anche uguali, accomunati dall'appartenenza a una stessa storia e cultura politica. Questa comunanza significa per noi convenire su talune fondamentali priorità: i diritti del lavoro, l'occupazione e il reddito delle classi lavoratrici; l'inalienabile titolarità collettiva dei beni primari, a cominciare dall'acqua, dalla conoscenza e dall'ambiente; la democrazia partecipativa, garantita dalla Costituzione repubblicana nata dalla Resistenza antifascista. Sulla base di queste opzioni condivise, l'attuale situazione sociale e politica del Paese ci appare grave e densa di pericoli. Guardiamo con allarme alle pesanti conseguenze della crisi economica sulle condizioni di vita di grandi masse di cittadini italiani e migranti. Riteniamo (e la «manovra correttiva» ora minacciata dal governo ci rafforza in tale convincimento) che la drammatica crisi che investe gli anelli più deboli del contesto europeo sancendo il fallimento dell'Europa liberista di Maastricht e di Lisbona renda ancor più preoccupante anche nel nostro Paese la prospettiva delle classi subalterne. Consideriamo intollerabili il dilagare della povertà e della precarietà; l'attacco governativo alle tutele giuridiche del lavoro dipendente e al diritto dei lavoratori a una contrattazione collettiva solidale, autonoma e democratica; la distruzione dello Stato sociale e il controllo oligarchico sui mezzi di informazione; il diffondersi della corruzione e dell'evasione fiscale e l'imposizione di un sistema politico bipolare che nega rappresentanza e voce a milioni di elettori. Riteniamo concreto il rischio di svolte autoritarie in un contesto segnato dalla rottura della coesione sociale e dalla recrudescenza di pulsioni razziste alimentate da chi accarezza disegni populisti e progetta la distruzione istituzionale dell'unità nazionale.
In questo difficile frangente pensiamo che quanto ci unisce debba prevalere su quanto ci ha sin qui diviso e tuttora ci separa. Siamo determinati a batterci per una società più civile e meno ingiusta, ma siamo al tempo stesso consapevoli del concreto rischio di estinzione che oggi incombe sulla sinistra italiana. Tutto ciò ci convince della inderogabile necessità di puntare sulle convergenze e affinità e di privilegiare le importanti battaglie comuni che insieme possiamo combattere e vincere: innanzitutto quella, cruciale, per il rilancio del sistema elettorale proporzionale per tutte le assemblee elettive, a cominciare dal Parlamento nazionale. Con questo spirito ci rivolgiamo a tutte le forze organizzate della sinistra, affinché in ciascuna si affermi una volontà unitaria, indispensabile a far sì che la sinistra torni a giocare un ruolo importante sulla scena politica italiana.


Ho riflettuto molto sul documento in questione , alchè sento il bisogno di chiarire le motivazioni del mio disagio espresse nella precedente nota, il contrattualismo sociale al quale ho fatto riferimento include inevitabilmente l’accettazione dello status quo, il gettarsi in questa melma senza delle chiarificazioni concettuali è un espediente alquanto impervio , si rischia lo smarrimento dei compagni ed la incomprensione delle nuove masse, inerenti ad una realtà comunista, in concreto la sparizione sarebbe oltremodo imminente nell’ assorbimento in concetti socialdemocratici che nulla porterebbe di concreto all’ ottenimento di una realtà altra.

Incontestabile è l ‘attuale scenario socioculturale cosi preoccupante ed ontologicamente votato alla iniquità ed alla sopraffazione, vero è che ci troviamo in una situazione di assoluta minoranza che non vi è soluzione altra che dedicarci ad alleanze programmatiche, ma è altrettanto vero che la nostra è una minoranza solo numerica e non concettuale, cosa intendo, nella melma nella quale dobbiamo nostro malgrado, gettarci dobbiamo farlo tenendoci ben saldi al ramo dell’immenso albero storico culturale del quale ne siamo i testimoni e i prosecutori, la non menzione dell’ accezione anticapitalistica, internazionalista e di classe è un errore programmatico.

Daccapo, il Capitalismo è come tutti i movimenti storici destinato al suo superamento, stolti sono coloro che non ne vedono la sua parabola, per inciso o si giungerà alla autodistruzione o il Potere costituito dovrà cedere alla realtà inconfutabile che l’ecosistema non è in grado di rigenerarsi al ritmo dell’ attuale forma produttivistica e quindi il Capitalismo dovrà abbandonare la produzione fine a se stessa e rinunciare al Profitto come fine, e questo vuol dire non essere più Capitalismo, o il Capitalismo dovrà per la sua sopravvivenza in essere ad un sistema oligopolista concorrenziale alle nuove realtà emergenti, concettualizzarsi alla massima espressione tecnologica di nuove realtà produttivistiche che lo porteranno inevitabilmente alla sua dipartita in quanto diverrebbe fronte all’innovazione superfluo e deteriore.

Ma il tempo è relativo e se questo scenario tanto ben delineato da E.Severino è contestualizzabile in un Evento storico, il nostro tempo dettato dalle nostre brevissime ( a confronto) vite ci suggeriscono di provare ad accelerare questa dinamica per non subire oltremodo l’inevitabile violenza del Capitalismo messa in atto a detrimento di questa realtà che vuole questo Sistema superato e vede il suo albeggiare, tutt’oggi ne siamo testimoni della cruenza del morituro nelle sue guerre imperialiste, nelle crisi devastanti nella mercificazione dei beni essenziali alla vita e l’ asservimento all’ uopo dei diritti inalienabili dell’uomo.

Questo è il fine cui dobbiamo tendere, che non pos erdere di vista, e se è tanto vera

la necessità di accordi programmatici con le realtà socialdemocratiche, è oltremodo veritiera la necessità che i nostri fini ultimi non debbano essere impliciti, ma evidenti ed inconfondibili anche per il più distratto degli osservatori.

In questo l’analisi del Capitale di Marx, tanto evidente oggi nella sua rivelazione, forse più che nella sua lontana origine,

la traccia che Gramsci ci lascia nell’importanza maniacale dell’analisi sociale, con la rilevanza primaria del general intellect, ripreso da Marcuse nella sua ricerca della nuova soggettività postmodernista,o come tralasciare la mitica abnegazione del Guevara,sono lasciti ai quali non possiamo che dare seguito, rimarcando fortemente la nostra natura storico culturale ed inevitabilmente delineare un continuum. Saper resistere alla vulgata relativistica mantenendo ben tese le idee fondanti con un’apertura dialettica alle nuove realtà antisistemiche è il preludio di una rinascita Comunista.

Quale momento se non questa congettura storica può essere più plausibile ad una soluzione comunista proprio non lo riesco a comprendere, il Capitalismo che come al solito risorgerà dalle ceneri di quest’ultima crisi, non avendo conflittualità sociale nella contrattazione della sua riforma, si adopererà nelle più drastiche soluzioni. Fallito il suo sovvenzionamento tramite il credito al consumo (crisalide della crisi finanziaria) accezione che riproporrà solo in seguito, di questo si può star certi, data l’inedia nel perseguire soluzioni, si getta inevitabilmente nella mercificazione dei diritti (Pomigliano e la Grecia docet) se non nell’accaparramento privato dei beni primari, l’acqua in primo luogo,le guerre espansionistiche che si delineano ora in Iraq e in Afganistan, riscontrando una disfatta solo dal punto di vista militare immediato, ma non nel posizionamento geopolitico e nell’accaparramento di immensi giacimenti minerari (non solo petrolio) potrebbero espandersi tramite Israele nell’Iran inviso non già per il suo primo ministro Ahmadinejad, integralista e reazionario, ma nell’immenso potenziale dato dalla visione progressista di una realtà giovane quanto culturalmente preparata a sapersi distanziare sia dall’integralismo religioso, che dall’influenza occidentale.

Nell’assetto ormai più che pressante delle nuove imponenti strutture economiche quali la Cina e l’India, possiamo chiudere il cerchio che a mio avviso delinea foschi presagi per le moltitudini se lasciamo all’attuale sistema di potere la possibilità di operare, bisogna saper comprendere queste dinamiche denunciandone l’evitabilità tramite l’annullamento preventivo del Capitalismo.

Se si tiene fermo e ben evidente il fine,questo si può raggiungere anche usando il mezzo della contrattazione sociale.

Se il nostro Peccato Originale è l’essere comunisti, la retorica cristiano cattolica ci insegna che dobbiamo passare per le sofferenza terrene per giungere al regno dei cieli….la realtà che perseguiamo è immensa, siamo capaci di soffrire per la sua realizzazione?

giovedì 15 luglio 2010

A proposito di Comunismo 2

Non sono solito ricorrere a citazioni, ma questa mi sembra quanto meno interessante: “la democrazia nasce quando i poveri, dopo aver riportato la vittoria, uccidono alcuni avversari, altri ne cacciano in esilio e dividono con i rimanenti a condizioni di parità il Governo e le cariche pubbliche” (Platone, VIII libro Repubblica). E’ già che Demos e Kratos possono essere riportate all’accezione di popolo e potere coercitivo, non è poi così lontana la “dittatura del proletariato”, non voglio però insistere su questo punto così dottrinale e semantico ma poco rapportabile alla realtà odierna, come non mi sembra utile tornare in questa sede sul come la svolta della Perestroika sia stata devastata dalla violenza del Capitalismo, con l’avvento di un nuovo zar come risultato.

Ma è il riproponimento dei dogmatismi sovietici che mi mettono apprensione, ne risulterebbe un appassionante dibattito ma circoscritto tra noi Compagni, e questo non possiamo più permettercelo.

Dobbiamo riattualizzare il Marxismo, trovare quel General intellect di gramsciana memoria del nuovo millennio che possa accompagnarci nella ricerca di una nuova soggettività Comunista, per far questo non si può che passare attraverso l’analisi del Capitale nella storia passata e presente non soffermandosi sulle evidenze delle depravate congetture finali, appunto non sono che la risultanza di un paradigma sbagliato, fin dalle sue radici filosofiche e strutturali, che daccapo le guerre, lo sfruttamento, l’annichilimento dell’essere e l’annullamento etico non sono che la conditio sine qua non.

Portare alla luce questa incontestabile verità può facilitare nello sviluppo dialettico fronte alla Moltitudine che credo sia solo sopita ma possiede un immenso potenziale deflagrante del quale noi dobbiamo e possiamo esserne il detonatore.


venerdì 2 luglio 2010

L'Europa

l'accezione liberista questa comunità Europea l'ha sempre avuta fin dagli albori,dagli accordi "Basilea" alla violenza di Genova, il fatto che continui a non esserci una attenta valutazione della crisi ed imputarla alla degenerazione del sistema finanziario, tacendo le sue chiare origini di necessità di alimentare l'enorme produzione capitalistica ed intervenire con la virtualità del credito al consumo ,non lascia dubbi sulla linea che si vuole continuare a seguire da parte del Potere.
Pomigliano è emblematica nel suggerirci cosa ci aspetta,il modus operandi è inesorabilmente volto al completo abbattimento di qualsiasi diritto possa essere di intralcio al Capitale,è vergognoso..ma credo oltremodo che questi siano altrettanto chiari segnali di un Capitalismo in netta difficoltà nel gestire l'enorme potenziale tecnologico, la sua endemica ferocia nell'accaparramento coatto del profitto non trova più sbocchi,si sta arenando nel suo stesso fango della produzione fine a se stessa...è questa,credo la parabola di marxiana memoria che stà rendendo il Capitalismo ancor più pericoloso per la nostra libertà,il suo prossimo mercato sono inevitabilmente i nostri diritti..e in ultimo parlare d'Europa come una Entità politica è quasi un eufemismo, la potenza oligopolista del Capitale ha reso queste realtà solamente delle cinte di trasmissione verso la moltitudine.

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